Uno dei più grandi architetti contemporanei tra i più noti al mondo, Arata Isozaki, vincitore nel 2019 del Pritzker Prize, il più importante riconoscimento internazionale per l’architettura, si è spento il 29 dicembre 2022, all’età di 91 anni.
Cominciò a lavorare con Kenzo Tange, vincitore anch’egli di un Pritzker Prize nel 1987. Progettista, teorico e urbanista, fu interprete della fusione di più correnti, con un approccio emblematico di interpretazione e valorizzazione del territorio e del contesto nel quale erigere nuove strutture. Fu “il vuoto dell’architettura“, lo sconvolgente effetto dell’atomica di Hiroshima e Nagasaki vissuto da adolescente a ispirarlo. La sua architettura è eterogenea, ed ha creato un ponte carismatico tra tradizione orientale e occidentale. Isozaki vinse nel 1996 il Leone d’Oro alla Mostra internazionale di architettura di Venezia.
Nella sua carriera ha progettato oltre cento edifici tra Asia, Europa, America e Australia. In Italia tra gli edifici ormai iconici la Torre Isozaki a Milano, meglio conosciuta come Torre Allianz o Il Dritto in collaborazione con l’architetto Andrea Maffei; grattacielo nel quartiere CityLife che con i suoi 209 metri è il secondo edificio più alto d’Italia dopo la Torre Unicredit. A esprimere cordoglio anche il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, che lo ricorda come “un grande architetto del XX secolo di fama internazionale” sottolineando che “il suo linguaggio astratto e limpido era in parte ispirato dalla sua profonda conoscenza dell’architettura rinascimentale italiana”, sebbene tra gli ultimi progetti quello della della riqualificazione delle Gallerie, firmato da Isozaki, non abbia ancora visto la realizzazione. Degno di nota anche il saluto di Stefano Boeri, nel suo ricordo diffuso sui socialmedia: “Arata Isozaki è stato un protagonista assoluto dell’architettura moderna e contemporanea, capace di combinare nei suoi progetti un ragionato eclettismo e una razionale stravaganza. Una dote combinatoria rara, che gli ha permesso di attraversare epoche e stili e mode differenti senza mai perdere il suo ruolo di intellettuale di riferimento per diverse generazioni di progettisti, sempre capace di distillare concetti profondi e sofisticati nell’illustrare le sue architetture. Ho incontrato Arata la prima volta a Tokyo, nel 1997, quando insieme ai miei studenti del Berlage Institute di Amsterdam stavamo lavorando sugli spazi vuoti a Tokyo (Tokyo Voids). Isozaki ci intrattenne a lungo spiegandoci il senso del concetto giapponese di “Ma” che è insieme un “intervallo” temporale e spaziale. Da quel momento ho avuto molte opportunità di incontro e dialogo, l’ultima in occasione di una sua indimenticabile lezione al Politecnico di Milano dove lo avevo invitato nella speranza di aiutarlo a riprendere il suo progetto per il nuovo ingresso agli Uffizi di Firenze, colpevolmente dimenticato”.