Due interventi nelle Langhe

Quello delle Langhe è uno dei territori paesaggisticamente più importanti d’Italia. Infatti, il 22 giugno 2014, il Comitato per il Patrimonio Mondiale dell’UNESCO ha iscritto il sito “I paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, cogliendo l’importanza dei valori di questo paesaggio culturale di eccezionale bellezza, caratterizzato da una tradizione storica antica e consolidata che riflette le trasformazioni e le evoluzioni sociali, tecnologiche ed economiche legate alla coltura della vite.

In questo contesto, storicamente e culturalmente rilevante nella storia italiana, descritto mirabilmente negli straordinari romanzi sulla guerra partigiana dello scrittore albese Beppe Fenoglio, o nei racconti di un altro straordinario personaggio della nostra cultura quale Cesare Pavese, nato a S. Stefano Belbo e fortemente legato a quel territorio, autore di romanzi quali “La Luna e i Falò”, uno dei suoi libri più famosi ambientato in quel contesto.

Il paesaggio italiano, disegnato e costruito nel corso dei secoli, è stato fortemente compromesso dagli interventi realizzati negli ultimi 80 anni. Le Langhe, purtroppo, non rappresentano una virtuosa eccezione, anzi, grazie ad una vecchia legge Regionale che permetteva ai proprietari di terreni agricoli di edificare in prossimità dell’abitazione preesistente un nuovo edificio il cui unico vincolo era quello di avere una cubatura analoga a quella dell’immobile preesistente. Questo, soprattutto negli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, ha creato un duplice danno: l’abbandono delle vecchie cascine e la costruzione di nuovi edifici che, in assenza di un piano di salvaguardia paesaggistica (con indicate tipologie e materiali), ha permesso l’affermazione di modelli edilizi senza nessun riferimento alle tipologie ed ai materiali storici, compromettendo fortemente il paesaggio.

Contemporaneamente c’è stata la trasformazione del sistema economico di quest’area, che da agricola è diventata fortemente industriale grazie all’affermazione di importanti gruppi industriali (vedi la Ferrero) e lo straordinario proliferare delle aziende vinicole. Questi complessi industriali sono stati prevalentemente insediati nel fondovalle. Purtroppo, in Italia non si è sviluppata, dal secondo dopoguerra in avanti, un’architettura industriale degna di tale nome e, a parte poche eccezioni, gli edifici industriali sono manufatti prefabbricati in cemento senza identità alcuna che distruggono i contesti ambientali in cui si inseriscono. Le Langhe, proprio per il degrado del fondovalle, hanno rischiato di non essere inserite nel patrimonio UNESCO e, infatti, alla fine l’area che rientra nel patrimonio UNESCO è stata ritagliata con l’esclusione delle parti compromesse.

In questo contesto storico-ambientale, l’architetto Walter Vallini ha realizzato due progetti a distanza di 20 anni: un’architettura polifunzionale (cantina, barricaia e ristorante) immersa nei vigneti intorno a Barolo e la sistemazione di un’area d’ingresso ad un complesso industriale di un’importante azienda vinicola a Cossano Belbo. Abbiamo inserito questi due interventi nella rubrica Natura perché vorremmo approfondire e capire gli interventi di antropizzazione del territorio extraurbano ed è per questo che abbiamo voluto porre alcune domande all’architetto Vallini per capire modalità e logiche che sono state alla base dei suoi due progetti realizzati in questo territorio.

Intervista
Architetto, puoi raccontarci queste due esperienze progettuali?

Sono due progetti realizzati a distanza di vent’anni con caratteristiche completamente diverse. Nel 2002 venni contattato da un importante imprenditore vinicolo per la realizzazione di una cantina, una barricaia ed un ristorante in un’area agricola nella campagna intorno a Barolo.

Come era il contesto in cui ti trovavi ad operare?

Era un contesto che da una decina di anni aveva avviato un processo di trasformazione. Tenga conto che sono di origini toscane, mi sono laureato presso la Facoltà di Architettura di Firenze, e alla fine degli anni ‘80 del secolo scorso ho conosciuto le Langhe poiché ero stato chiamato a progettare una serie di negozi di abbigliamento ad Alba, con uno di questi ho vinto il premio annuale dell’IDIA, associazione inglese di design ed architettura, per la migliore realizzazione d’interni dell’anno 1989. Faccio questa premessa poiché è stato questo il periodo in cui sono partiti i processi di trasformazione economico-territoriali che hanno portato all’attuale situazione.

Quali sono le situazioni che hanno innescato questo processo?

In quegli anni molti stranieri hanno iniziato a scoprire il territorio e ad acquistare case e cascine storiche, ristrutturandole con estremo rispetto, salvaguardando una storia che in un processo di ammodernamento senza qualità e cultura stava per essere distrutta. Purtroppo o per fortuna sono gli stranieri ad amare, rispettare e salvaguardare la nostra straordinaria storia ed il nostro patrimonio architettonico minore. Infatti, questa è una modalità che si è ripetuta in molte altre realtà del mio Paese, ad iniziare dalla Toscana. Contemporaneamente, con lo scandalo Ciravegna, i viticoltori hanno iniziato a capire che, invece di produrre vino in quantità, bisognava produrlo in qualità. Quindi, tornando alla sua domanda iniziale, nel 2002 ci trovavamo nel mezzo di questo processo di trasformazione e Barolo rappresentava l’eccellenza.

Quindi un incarico importante in un territorio importante

Esatto, il mio cliente aveva un deposito per i vasi vinari (i grandi contenitori in acciaio del vino) ed una piccola casetta in cui vivevano i custodi, il tutto immerso nei vigneti. Il deposito era un capannone rettangolare con tetto a capanna realizzato negli anni ‘70. La casetta aveva una pianta a forma rettangolare con tetto a capanna ed era posizionata ad angolo retto con il deposito. Queste due preesistenze, realizzate in tempi recenti, pur essendo prive di qualità architettonica e costruttiva, secondo le regole edilizie del Comune di Barolo non potevano essere demolite. Un contesto ambientale meraviglioso contaminato da due manufatti edilizi deturpanti.

Hai descritto perfettamente la situazione in cui mi trovavo ad operare. Una grande responsabilità!

Il senso di rispetto e responsabilità deve essere alla base del “pensiero” di un architetto che opera in un territorio così importante.

Ci racconti il concept di questo progetto?

La prima idea è stata quella, vista l’importanza del passato in quel territorio, di prendere reinterpretandoli esempi ed elementi dalla nostra storia architettonica. Intervenire con il supporto della memoria storica.

Cioè?

Mi è venuto in mente un luogo ed un’architettura che conoscevo molto bene: Il Tempio di S. Biagio a Montepulciano di Antonio da Sangallo il Vecchio, in cui riscontravo forti analogie con la situazione in cui mi trovavo ad operare. Una chiesa a pianta greca collocata al centro di un prato pianeggiante nel luogo dove la Val d’Orcia s’innesta nella Val di Chiana, fuori dalla città, immersa in un paesaggio straordinario che ne evidenzia la grandiosità. Fu realizzata da Antonio da Sangallo il Vecchio a partire dal 1518. Quindi, l’idea è stata quella di creare un’architettura alla dimensione urbana immersa nel verde. Partendo dai due edifici esistenti ho realizzato, aggiungendo l’edificio della barricaia, un grande cortile, una piazza pavimentata in cubetti di pietra di Langa che si affaccia sul territorio circostante. Agli edifici preesistenti ho ridisegnato i prospetti laterali, evidenziando ed unificando le aperture dei due piani con portali di grandi dimensioni che gli dessero una dimensione e dignità architettonica. Il cortile è uno spazio vuoto evidenziato dai prospetti frontali della nuova barricaia e dell’ex edificio dei custodi. Due quinte che si stagliano nel paesaggio evidenziate dai materiali (pietra di Langa e muri intonacati) e dal colore. Il prospetto frontale della cantina è una invisibile struttura in acciaio e vetro proiettata

sui vigneti dove è collocata la sala da pranzo del ristorante.

Questo intervento è stato finito nel 2004. Dopo circa vent’anni hai realizzato un altro progetto nello stesso territorio. Puoi parlarcene?

Alla fine del 2020 vengo chiamato dallo stesso committente a realizzare un progetto per la sistemazione dell’area di fronte al suo complesso industriale, un’importante azienda vinicola in Cossano Belbo. Area industriale posta nel fondovalle della Val di Belbo a pochi chilometri da S. Stefano Belbo, il paese di Cesare Pavese. Emozione per me forte poiché il ricordo della lettura dei suoi romanzi mi evocava immagini antiche di questi luoghi.

Qual era la situazione esistente?

Nel corso degli ultimi 20 anni il mio cliente aveva realizzato ampliamenti dell’area produttiva attraverso il rinnovamento dei vecchi edifici e la costruzione di nuovi manufatti. Aveva anche realizzato una grande barricata. Manufatti produttivi e barricaia erano stati progettati da due differenti studi di architettura con linguaggi contrapposti. Quindi, il problema che dovevo risolvere era quello di unificare questa situazione attraverso la realizzazione di un ingresso che unisse queste diverse situazioni.

Come sei intervenuto?

Attraverso il verde e la luce. Ho realizzato due grandi prati verdi, disegnati e contenuti da muretti bassi in cemento armato faccia a vista, posizionati secondo le proiezioni delle linee in pianta (planimetriche) degli edifici esistenti per creare continuità ed unione dell’intero complesso. Nei prati sono disposti gruppi con diverse essenze di verde. Altro elemento di unione e riferimento al territorio sono i ciottoli bianchi di fiume che circondano e uniscono gli edifici. Accanto ai ciottoli si sviluppano i percorsi in tavolato di legno che emergono da una ghiaietta verde, riferimento richiesto dal cliente in ricordo delle grandi aziende vinicole francesi. L’asfalto color pietra di Langa, richiesto dall’UNESCO nelle zone che rientrano nel Patrimonio, completa la pavimentazione dell’area. Una serie di portali in ferro arrugginito (metafora di passaggio e matericità di quel contesto culturale) caratterizzano i punti di accesso al complesso. La notte il progetto di luce unifica l’intero complesso.

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