Un aneddoto riguarda la richiesta di un C.E.O. di una multinazionale americana alle sue sedi europee per sapere quale legge disciplinasse il settore dei centri commerciali. Tutte le filiali risposero prontamente, eccetto quella italiana che, dopo dieci giorni, rispose: “Please, ask the lawyer“.
Chi ha esperienza nello sviluppo di progetti commerciali può raccontare numerosi episodi sulle lungaggini burocratiche in Italia, dove la realizzazione di centri commerciali richiede mediamente 11/12 anni. Anche progetti più piccoli, come la trasformazione di un immobile, devono affrontare una lunga burocrazia: PUC, PEC, VAS del PEC, AUTORIZZAZIONE COMMERCIALE, ESCLUSIONE DI VIA, PdC e AUTORIZZAZIONE URBANISTICA, URBANIZZAZIONE, RISTRUTTURAZIONE IMMOBILE, CPI, AGIBILITÀ.
Una particolarità italiana è che per costruire una grande superficie commerciale sono necessarie due autorizzazioni: il Permesso di Costruire e il Nulla Osta Regionale. Spesso queste autorizzazioni differiscono, costringendo i developers a modificare il merchandising mix per adattarsi alle autorizzazioni disponibili.
Il Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (legge Bersani) ha riformato la disciplina del commercio, permettendo ai comuni di rilasciare licenze di vendita per aree fino a 1.500/2.500 mq. Tuttavia, per i centri commerciali più grandi, è ancora obbligatorio il Nulla Osta Regionale, con un processo lungo e complesso.
Spesso, le lunghe gestazioni incrociano le elezioni amministrative, complicando ulteriormente il processo. L’autore ritiene necessaria una riforma epocale dei meccanismi autorizzativi, come tentato dalla riforma costituzionale Renzi-Boschi del 2016, che avrebbe potuto ridurre il regime autorizzativo delle regioni e unificare le leggi nazionali per il settore retail/real estate.
Una riforma potrebbe portare benefici significativi, come la realizzazione di progetti in tempi più brevi, costi di realizzazione e canoni di affitto più bassi, maggiore occupazione e slancio ai consumi. Questo non significherebbe un far west, ma una riduzione dei tempi biblici attuali.
In Italia, molti progetti sono scoraggiati dalla burocrazia, portando a numerose aree dismesse da decenni. Dai centri commerciali degli anni ’90, avversati da vari schieramenti politici, alle decisioni ideologiche durante la pandemia, come la chiusura dei centri commerciali nei fine settimana, la situazione è spesso illogica. Si spera che qualcuno possa presto porre rimedio a queste inefficienze.